"We are put on this planet only once, and to limit ourselves to the familiar is a crimine against our minds." [cit. Roger Ebert]


giovedì 18 settembre 2014

Back & Forth

Un mese, un mese di me, un mese di questa mia nuova avventura. Un mese che non si può descrivere, un mese che così non l'ho mai vissuto. Eppure un mese.
17 Agosto 2014: con un sorriso da beota mi avviavo al metal detector di Milano Malpensa, imprecavo per il maldischiena sull'aereo da Francoforte, attraversavo la dogana ad Atlanta, mi commuovevo sul volo per Panama City Beach. Un mese fa, una vita fa.
Il mondo si è ribaltato, la mia vita ha preso una piega inaspettata e Alessia ora non è più la stessa.
Mi sentivo piccina piccina quando sono partita, mi sentivo intimorita da tutto e da tutti, avevo la voce malferma quando parlavo con le hostess. Stranamente non ero in ansia, non avevo paura, ma mi sentivo davvero piccola ed insignificante. Mi sembra difficile da spiegare, forse è anche difficile da capire per chi si trova a casa in Italia, o chi semplicemente non ha intrapreso quest'esperienza.
Come ho già ribadito allo sfinimento la prima settimana è stata una doccia fredda. Ho sentito lo shock culturale come non mai, eppure io (dall'alto della mia superbia) pensavo di essere una persona che si adatta facilmente. Il terzo giorno che ero qui ho addirittura sognato di andar a fare la spesa all'Iper Tosano con mia mamma. Poi mi sono svegliata di colpo, alle 3 della mattina, e mi sono resa conto che non riuscivo più a vedere la lucina azzurra dello stereo che ho nella mia camera in Italia, ho sussultato e mi sono detta "bella merda, ora ci sei dentro fino al collo, Ale!". Mi sono cadute le braccia quando hanno cambiato il pranzo a Mary Catherine perchè era l'unica persona che conoscevo. Ero avvilita e infastidita da questi americani maleducati che mi facevano sentire ancora più piccola, ancora più insignificante. Essere Alessia Sigurtà (quanto mi manca l'accento del mio cognome! Qui ormai sono Sigurta) non bastava più. C'è stato un periodo della mia vita, che però non molti non ricorderanno o non conosceranno, in cui ero la timidezza fatta a persona. Ero nella fase di transizione tra scuola materna ed elementari: mia mamma mi aveva iscritto a una scuola privata, nessuno dei miei compagni di giochi sarebbe stato in classe con me. Okay, eccetto Federico, ma i maschi a quell'età non me li filavo proprio! Il primo giorno di scuola ero talmente agitata che i miei ricordi sono molto sfuocati, mi ricordo soltanto quanto mi tremavano le gambe. Non ho stretto amicizie per una settimana; dopo pranzo mi sedevo su una panchina vicino Suor Rosina e chiacchieravo un po' con lei.
Alle elementari non avevo molti amici, in realtà credo che si potessero contare sulla punta delle dita. Sono sempre stato un tipo introverso, più propenso a stare da sola piuttosto che in mezzo alla gente. Il fatto che fossi sovrappeso non mi ha mai aiutato e ha solo contribuito a far naufragare la mia autostima, rendendomi ancora più timida.
E così mi è sembrato di vivere un dejavu: l'America era diventata il mio incubo peggiore. Mi sembrava di essere una bestia che si spostava da una classe all'altra e non parlava mai con nessuno. Non mi sentivo più me stessa. La prima settimana è stata dura, non lo nascondo, ma mi ha obbligato a fronteggiare il problema e ho iniziato a rimboccarmi le mani. Come prima cosa ho pensato di cambiare classi, in modo tale da trovare persone che fossero al mio livello. Poi qualcuno da lassù mi ha sorriso e Abby, una mia compagna di Latino e Fashion Design, mi ha invitato a sedere a pranzo con lei. Okay non è propriamente il massimo perchè sì lei e i suoi amici mi stanno simpatici, ma non parlo molto con loro.
Sì magari è vero, come ha detto qualcuno, non vivo ma sopravvivo. Non mi interessa, sento di aver già fatto così tanti passi avanti che anche "sopravvivere" mi basta. E poi chi può definire chi vive e chi sopravvive in questo genere di esperienze? Odio le etichette e tutte quelle persone che tentano in qualsiasi modo di infilarti in una categoria per non darti più una seconda possibilità.
Ciò che provo è sempre contrastante: un momento sono felice di aver fatto questa scelta e il momento dopo mi richiudo a riccio. Badate bene non si tratta di homesickness, so che ciò che scrivo può passare per malinconia, ma assolutamente, dovete credermi, non lo è. Io sto bene, sento i miei genitori e le mie amiche tutti giorni, ma questo non mi impedisce di godermi la MIA esperienza e non mi fa sentire nostalgia. Al contrario mi rende ogni giorno più forte, perchè ogni giorno mi ribadiscono quanto sono fieri di me e quanto mi appoggiano. Non pensavo che l'avrei mai detto, perchè non è da me, ma sto realizzando quanto peso abbiano le mie amiche nella mia vita. Non mi è mai successo prima: sono un lupo solitario, spesso sono sfuggente e sembra meschino e cattivo dirlo, ma sono partita anche per vedere le persone che sarebbero restate e quelle che invece avrebbero abbandonato la mia vita. Ad oggi sono felice di tutto quello che ho intrapreso, sono felice perchè non sono più quella Alessia che con passo incerto avanzava nella desolazione dell'aeroporto di Panama City.
Ora se devo parlare con qualcuno tiro fuori la voce e mi faccio valere; mai e poi mai avrei pensato di uscire vincitrice da quella brutta situazione scolastica. Mai e poi mai avrei pensato di essere così brava a fare buon viso a cattivo gioco.
Come direbbe Tom "life is good". Lo è, lo è davvero e posso solo dire grazie ai miei genitori per questo. Grazie perchè mi avete insegnato tanto in questi anni, grazie perchè mi avete dato l'adolescenza migliore che si possa sperare, grazie perchè dopo 32 anni state ancora insieme, grazie perchè mi avete insegnato e tuttora mi state insegnando cosa sia e cosa vuole dire amare. Grazie perchè se ora sono qui a lamentarmi di quello che va e di quello che non va lo devo a voi: grazie per essere i genitori magnifici che siete e siete sempre stati. Grazie perchè siete i miei più grandi sostenitori: grazie perchè siete voi.
La ruota sta girando, il vento sta cambiando. Non riavvolgerei il nastro per cambiare nulla, se qualcuno ha voluto che mi legassi così tanto a Stacy e così poco a Mary Catherine ci sarà un motivo. C'è sempre un motivo.  Esiste un motivo anche sul perchè ho incontrato una persona speciale così tardi e credo che il motivo, qualunque esso sia, sia più che giusto. Altrimenti che senso avrebbe? Che senso avrebbe essere amici da poco eppure sentirsi ogni giorno, svegliarsi presto e andare a letto tardi solo per scambiare quattro chiacchiere?
Nuova me, nuova vita. E così dopo un mese tiro le somme e mi concedo una pacca sulla spalla. Voi cosa ne dite, me la dareste una pacca sulla spalla? Spero di sì! :)
Ma ora, dopo aver guardato indietro con un sorriso di soddisfazione, mi sono già imposta nuove sfide, nuovi limiti da superare, nuovi orizzonti da sondare.

Un besos,
Ale

"Il mondo, alla resa dei conti, non è uno schedario o un’equazione matematica."
[cit. Karen Blixen]

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